Il vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, in breve noto semplicemente come Tonga, è esploso il 15 gennaio del 2022 nell’omonimo regno polinesiano che si trova nel Sud del Pacifico. L’eruzione ha provocato uno tsunami che ha attivato allerte in tutto il bacino del Pacifico e ha inviato onde sonore in tutto il mondo più volte. Un nuovo studio, pubblicato sul Journal of Climate, ha ora esplorato quali sono stati gli impatti climatici di questo evento naturale.
Gli effetti sul clima e sugli inverni “anomali” dell’eruzione
I ricercatori hanno scoperto che l’eruzione sottomarina del vulcano Tonga ha amplificato il buco dell’ozono, che è risultato straordinariamente grande nel 2023, ed è stato responsabile anche dell’estate 2024 molto più umida del normale in Australia. Al di là del rischio tsunami, quindi, il fenomeno è stato catastrofico per ben altri motivi e si ritiene che avrà effetti per anni sul meteo globale inclusa l’Italia. I modelli climatici suggeriscono che l’eruzione possa influenzare le condizioni meteorologiche in tutto il mondo forse fino al 2029. In Australia e Scandinavia si attendono inverni più freddi e umidi, mentre il Nord America potrebbe sperimentare stagioni fredde più miti. Sembra che il vulcano abbia il potere di modificare la traiettoria delle onde atmosferiche che disegnano gli anticicloni e le depressioni sulle mappe meteo e siano responsabili degli alti e bassi che influenzano il clima.
La distruttiva esplosione del vulcano Tonga
Sui social sono circolati video dell’eruzione del vulcano Tonga, ma perché è stata così particolare e interessante per gli scienziati? Bisogna sapere che di solito il fumo di un vulcano, che contiene anidride solforosa, porta a un raffreddamento della superficie terrestre per un breve periodo. Questo perché l’anidride solforosa si trasforma in aerosol di solfato, che rimandano la luce solare nello spazio prima che raggiunga la superficie.
Tonga è però un vulcano sottomarino che ha quindi prodotto poco fumo, ma molto vapore acqueo: 100-150 milioni di tonnellate, ovvero l’equivalente di 60.000 piscine olimpioniche. L’enorme calore dell’eruzione ha trasformato enormi quantità di acqua di mare in vapore, che poi è schizzato in alto nell’atmosfera con la forza dell’eruzione. Tutta quell’acqua è finita nella stratosfera che non produce né nuvole né pioggia perché è troppo secco.
Il vapore acqueo nella stratosfera ha innescato una serie di reazioni a catena dagli effetti potenzialmente devastanti e che, a quanto pare, dureranno a lungo. Il primo è stato l’amplificazione del buco dell’ozono del 2023. Il vapore acqueo, infatti, favorisce le reazioni chimiche che distruggono questo scudo gassoso che protegge dalle radiazioni solari più nocive. Inoltre il vapore stesso agisce come un potente gas serra, intrappolando il calore e alterando il delicato bilancio termico del pianeta.
Lo studio di questi effetti ha portato i ricercatori a fare delle previsioni e a capire che l’eruzione del vulcano Tonga è stata responsabile del buco dell’ozono durato fino a dicembre 2023. Gli effetti sul meteo sono stati ipotizzati usando un modello climatico che però gli stessi scienziati spiegano che non è perfetto e che non ha incluso altri effetti come i cicli di El Niño e La Niña.