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CURIOSITÀ 12 AGOSTO 2024

Chi è Valentina Petrillo, la prima atleta trans alle Paralimpiadi

Valentina Petrillo entrerà nella storia come la prima atleta transgender a partecipare alle Paralimpiadi di Parigi 2024. Una notizia che, dopo le polemiche sulla boxeuse intersex Imane Khalif, oro olimpico a Parigi, segna un passo significativo non solo per la carriera di Petrillo, ma in generale per l’inclusione delle persone transgender nel mondo dello sport a livello internazionale.

È italiana la prima atleta trans alle Paralimpiadi di Parigi

Valentina Petrillo, originaria di Napoli, ha 50 anni e gareggerà nella classe T12 del gruppo ‘visually impaired’, specializzata nei 200 e 400 metri. Distanze che l’hanno resa già due volte medaglia di bronzo ai mondiali paralimpici di Parigi nel 2023.

Ma è ai campionati italiani paralimpici di atletica leggera del 2020 che Petrillo batte due primati in un colpo solo: per la prima volta gareggia per nella categoria femminile, cosa che non era mai accaduta nella storia degli sport paralimpici, e sempre per la prima volta veste la maglia dell’Italia, nazione che ha rappresentato anche l’anno dopo ai campionati europei paralimpici.

La sua storia, che è stata raccontata nel documentario “5 nanomoli – Il sogno olimpico di una donna trans”, rappresenta una tappa importante nel cammino verso l’accettazione e l’inclusione delle persone transgender nel mondo dello sport.

La sua presenza dà fiducia e speranza a una comunità che durante le Olimpiadi di Parigi è stata attaccata duramente. Prima con le critiche allo pettacolo queer, parte della cerimonia di inaugurazione dei giochi, e poi con le polemiche su Imane Khelif, l’atleta intersex, oro olimpico, contro cui l’italiana Angela Carini si è arresa dopo 46 secondi. A denigrare l’algerina e a diffondere informazioni farlse, in quei giorni, anche molti politici italiani e personaggi molto seguiti come Elon Musk.

Carriera sportiva e vita privata di Valentina Petrillo

La carriera sportiva di Valentina Petrillo è stata segnata da una passione profonda per lo sport fin da giovane. La maglia azzurra è sempre stata il suo sogno, ma a 14 anni la strada si è complicata a causa di una malattia degenerativa che l’ha resa ipovedente, la sindrome di Stargardt. L’atleta rinuncia a correre, ma non abbandona lo sport. Inizia con il calcio a 5 per ciechi, dove ha ricoperto il ruolo di portiere nella Nazionale italiana.

Cresciuta come maschio, ha vissuto gran parte della sua vita combattendo contro il disagio interiore legato alla sua identità di genere, che ha culminato con il suo coming out come donna transgender nel 2019. Da quel momento, ha intrapreso un percorso di affermazione di genere che l’ha portata a tornare in pista, vincendo 11 titoli nazionali nella categoria maschile prima di iniziare a gareggiare nella categoria femminile. La sua determinazione l’ha portata a diventare la donna over 40 più veloce d’Italia e a competere a livello internazionale, affrontando non solo avversarie, ma anche pregiudizi e discriminazioni.

Le regole per le persone transgender alle Olimpiadi

La partecipazione delle persone transgender alle Olimpiadi e Paralimpiadi è un tema complesso e in continua evoluzione. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha iniziato a occuparsi del tema sono nei primi anni del 2000.

Le prime linee guida, stilate dalla commissione medica nel 2003, consentivano la partecipazione di atleti e atlete transgender solo nel caso in cui avessero compiuto un intervento di ricostruzione genitale e il cambio di genere fosse stato legalmente riconosciuto.

Nel 2015, dopo diverse polemiche, le linee guida sono state modificate: ora si richiedendo livelli di testosterone inferiori a 5 nanomoli per litro nei dodici mesi precedenti alla competizione.

Nonostante queste regolamentazioni, molte federazioni sportive internazionali, come World Athletics e World Rugby, hanno ulteriormente ristretto la partecipazione delle atlete transgender, spesso escludendo chi ha vissuto una pubertà maschile.

Nel caso di Parigi 2024, alcune discipline hanno imposto criteri anagrafici o limiti sui livelli di testosterone, rendendo ancora più difficile l’inclusione delle persone transgender

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