In pochi minuti, una scossa ha trasformato la notte in incubo. Strade squarciate, edifici crollati, vite interrotte. Il recente terremoto che ha colpito il Myanmar non è stato solo uno dei più violenti registrati nella regione negli ultimi anni: è stato anche uno dei più devastanti dal punto di vista umano e strutturale. Ma cosa ha reso questo evento così distruttivo? E perché proprio quella zona è così vulnerabile ai movimenti della Terra? Per comprenderlo, bisogna osservare il fenomeno da due punti di vista: quello dei numeri e quello della geologia.
Magnitudo di 7.7 per il sisma in Myanmar: cos’è successo
Nelle prime ore del 29 marzo 2025, il Myanmar è stato colpito da un violentissimo terremoto di magnitudo 7.7. L’epicentro è stato localizzato nel centro del Paese, a una profondità di circa 35 km, un dato che lo classifica come un sisma superficiale – e quindi potenzialmente molto più distruttivo. La scossa ha colpito un’area densamente popolata, dove molte abitazioni non sono costruite secondo criteri antisismici, aggravando il bilancio delle vittime. Le immagini del grattacielo di Bangkok hanno fatto il giro del mondo.
Secondo i primi reportage, si parla già di 700 morti accertati e oltre 1.700 feriti, ma i numeri potrebbero salire drasticamente. Le autorità locali temono che le vittime possano arrivare fino a 10mila, a causa dei crolli in zone rurali difficili da raggiungere e dell’interruzione delle comunicazioni. Ospedali al collasso, blackout elettrici e strade impraticabili stanno ostacolando i soccorsi, mentre decine di scosse di assestamento continuano a far tremare la popolazione.
Il Myanmar è stato teatro di altri terremoti in passato, ma questa volta la forza e la portata del sisma hanno superato ogni aspettativa. L’intensità della scossa è stata avvertita anche nei Paesi confinanti, come Thailandia, Bangladesh e India, creando un effetto a catena sulla percezione del rischio in tutta la regione.
Perché il terremoto è stato così forte: cosa dice la scienza
Per capire le ragioni di un terremoto così potente, bisogna guardare sotto la superficie. Il Myanmar si trova in una zona altamente sismica, situata tra due enormi placche tettoniche: quella indiana e quella della Sonda. In questo contesto, le due placche non solo si scontrano, ma scorrono lateralmente l’una rispetto all’altra, generando una faglia trascorrente.
Secondo gli esperti intervistati da Live Science, il sisma del 29 marzo è stato provocato da un’improvvisa rottura lungo una di queste faglie: in pochi secondi si è liberata un’enorme quantità di energia, accumulata nel tempo a causa della frizione tra le placche. Il movimento laterale è stato rapido e profondo, provocando uno scuotimento del terreno molto violento, che si è propagato rapidamente in superficie.
Un altro fattore che ha contribuito alla forza del sisma è la lunghezza della faglia coinvolta, che secondo le prime stime potrebbe estendersi per oltre 100 chilometri. Più lunga è la faglia che si rompe, maggiore è l’energia che viene liberata, e di conseguenza più intensa è la scossa. Inoltre, la scarsa profondità dell’epicentro ha amplificato l’impatto sulla superficie: più un terremoto è superficiale, più è avvertibile e potenzialmente distruttivo.
Va aggiunto che molte aree del Myanmar presentano un suolo instabile e poco compatto, che tende ad amplificare le onde sismiche. Questo fenomeno, chiamato amplificazione locale, fa sì che le vibrazioni si percepiscano in modo più violento rispetto ad altre zone con lo stesso epicentro.
Infine, il contesto socio-infrastrutturale ha giocato un ruolo decisivo. In molte città e villaggi non esistono norme edilizie stringenti, e le costruzioni sono spesso realizzate con materiali poco resistenti. Quando la terra trema con questa intensità, la vulnerabilità delle strutture aumenta esponenzialmente.