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CURIOSITÀ 19 APRILE 2025

Scoperto un colore: si chiama Olo e c’è un trucco per vederlo

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

Giornalista e videomaker

Giornalista professionista dal 2012, ho collaborato con le principali testate nazionali. Scrivo e realizzo servizi TV di cronaca, politica, economia e spettacolo. Ho esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e televisive e lavoro anche nell’ambito del social network.

Gli scienziati hanno fatto una scoperta molto interessante, hanno ideato un modo per permettere all’occhio umano di vedere colori che vanno oltre la visione naturale. Con questa tecnica, cinque persone sono riuscite ad ammirare una nuova tonalità, soprannominata “olo“, che i partecipanti allo studio hanno descritto come un “blu-verde di una saturazione senza precedenti”. Alcuni ricercatori hanno partecipato personalmente all’esperimento e hanno descritto la loro tecnica e il nuovo colore in uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances.

Cos’è Olo, il colore che nessun essere umano aveva visto

Gli occhi umani contengono cellule sensibili alla luce, chiamate fotorecettori, che si presentano in due forme: bastoncelli e coni. I bastoncelli permettono la visione notturna, poiché rispondono a livelli relativamente bassi di fotoni, o pacchetti di radiazioni elettromagnetiche.

I coni prendono il sopravvento in condizioni di luce intensa e sono specializzati nel rilevare specifiche lunghezze d’onda della luce visibile, ovvero rosso, verde e blu. Questi tre tipi di coni sono rispettivamente chiamati “L“, “M” e “S“, in riferimento alle lunghezze d’onda lunga, media e corta dello spettro visibile a cui sono più sensibili.

Una volta attivati ​​i coni, è il cervello a lavorare su come percepiamo i colori. Questo organo interpreta i pattern di attivazione dei tre tipi di cellule nella retina. Ogni pattern agisce come un codice, con codici diversi che sbloccano diverse percezioni dei colori e delle intensità della luce.

I coni M sono più sensibili al verde, ma tecnicamente rispondono a un intero spettro di colori che si sovrappone completamente alle lunghezze d’onda a cui reagiscono i coni L e S. Pertanto, in condizioni naturali, non è possibile attivare i coni M senza attivare anche i coni L e S. Gli scienziati si sono chiesti cosa succederebbe se si potesse infrangere questa regola e attivare esclusivamente i coni M.

Con una serie di test, i ricercatori sono riusciti a far vedere alle persone un nuovo colore chiamato Olo. Il nome si riferisce alle coordinate su una mappa tridimensionale del colore: “0, 1, 0”. La “o” è uno zero, che si riferisce alla mancanza di stimolazione dei coni L e S, mentre la “l” è un 1, che indica la piena stimolazione dei coni M. Dopo aver stimolato l’olo isolatamente, gli scienziati sono stati anche in grado di incorporare il colore nelle immagini e nei video visualizzati dai partecipanti.

Un modo per immaginare l’olo è pensare alla luce di un puntatore laser verde e poi aumentare la saturazione. Rispetto all’olo, la luce laser monocromatica appare “pallida”, hanno affermato alcuni dei partecipanti.

Come hanno fatto gli scienziati a farci vedere il nuovo colore

I ricercatori hanno chiamato “Oz” la tecnica di stimolazione retinica usata nell’esperimento, in omaggio agli occhiali verdi che indossano gli abitanti della Città di Smeraldo nei libri originali del “Mago di Oz”. L’approccio richiede una mappa dettagliata della retina di ciascun utente.
In ogni mappa, sono stati etichettati i coni L, M e S; la posizione di queste cellule è unica nella retina di ogni persona.

Per rivelare l’identità di ciascun cono, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica chiamata tomografia ottica a coerenza di fase adattiva (AO-OCT), che prevedeva di illuminare le cellule e misurarne il cambiamento di forma; Questa risposta varia a seconda delle lunghezze d’onda a cui un cono è sensibile.

Ogni partecipante si è seduto davanti a un display con un piccolo quadrato al centro, dove si svolgeva la stimolazione Oz. La stimolazione era mirata a specifici tipi di coni con luce laser a lunghezza d’onda visibile, chiamate microdosi laser. Quindi, per attivare solo i coni M, il sistema ha indirizzato i laser solo su quelle cellule.

Gli scienziati hanno anche utilizzato un feed in tempo reale dell’occhio durante l’esperimento, e l’approccio ha tenuto conto del leggero movimento dell’occhio, per garantire che i laser colpissero i loro bersagli. La stimolazione dei soli coni M ha rivelato il colore olo.

I risultati ottenuti dall’esperimento potrebbero aprire nuove strade per lo studio della vista. Per esempio, gli scienziati potrebbero utilizzare il sistema per replicare gli effetti di diverse patologie oculari e curarli. La tecnica potrebbe anche essere utilizzata per simulare la visione a colori nelle persone daltoniche, compensando essenzialmente la mancanza o il difetto dei loro fotorecettori. Un altro studio recente ha invece scoperto il colore del buio che non sarebbe il nero ed è prodotto da una specie di corto circuito del sistema visivo.

Scoperto un colore: si chiama Olo e c’è un trucco per vederlo
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