Gli effetti del cambiamento climatico sono molteplici, gravi e su più livelli. A causa del surriscaldamento globale il cibo scade prima del previsto, con la conseguenza che moltissime persone si ammalano in tutto il mondo. Secondo le stime dell’OMS, sono circa 600 milioni coloro che soffrono di patologie di origine alimentare, circa 420mila i decessi (di cui 125mila riguardano bambini).
A far male è la contaminazione da parte di batteri e germi vari. Nello specifico, è la proliferazione del patogeno Bacillus cereus che colpisce gli alimenti conservati dopo la cottura a creare non pochi problemi. Secondo uno studio, basta cucinare del semplice riso per metterlo in circolo.
Con il cambiamento climatico sprechiamo più cibo
Il caldo estremo, le inondazioni e la siccità più frequenti aumentano il rischio di contaminazione e della diffusione di epidemie di malattie trasmesse attraverso gli alimenti. Anche per questo il cibo scade prima del previsto. L’innalzamento del livello delle acque può contaminare le colture agricole con liquami o altri prodotti di scarto indesiderati, mentre un’umidità maggiore può favorire la crescita del batterio della salmonella sulla lattuga e altri prodotti consumati crudi.
Secondo una ricerca recente, ogni volta che la temperatura aumenta di 1 °C, la minaccia della salmonella non tifoidea e del campylobacter aumenta del 5%. E con essa anche la possibilità di venire a contatto con batteri che possono provocare intossicazioni alimentari e malattie. Fra questi ci sono anche quelli dell’Escherichia coli e del Campylobacter jejuni, che interessano soprattutto la carne, i frutti di mare e i latticini.
Un altro studio, condotto nel Messico nord-occidentale, ha evidenziato come le aree particolarmente a rischio sono quelle con le temperature più elevate, comprese tra 35 °C e 37 °C, e con precipitazioni annue superiori a un metro. Particolarmente insidiosi sono i prodotti pronti al consumo: “Durante le ondate di calore, la concentrazione di microrganismi patogeni può aumentare considerevolmente e raggiungere un livello sufficiente a causare malattie, poiché non richiedono alcun passaggio finale di abbattimento termico”, fa sapere Hudaa Neetoo, professoressa associata di Microbiologia e Sicurezza alimentare all’University of Mauritius.
Anche il letame che proviene dai pascoli vicini ai terreni coltivati è una fonte pericolosa di contaminazione, soprattutto sul cibo che viene generalmente consumato crudo. Inoltre, “il solo lavaggio domestico non è sufficiente per decontaminare i prodotti e riportare i livelli di organismi a un livello sicuro”, aggiunge Neetoo. Ma anche le radici e i sistemi di irrigazione possono diventare un veicolo importante. Per non parlare dello straripamento dei sistemi fognari.
Inoltre, “quando le comunità dipendono interamente dal riutilizzo delle acque reflue, l’obiettivo primario deve essere quello di trattarle a un livello di sicurezza che non rappresenti un rischio per i consumatori”, dichiara Martin Richter, responsabile di un’unità per la sicurezza alimentare presso l’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione dei Rischi. “Cuocere il cibo a 70 °C per almeno due minuti distrugge la maggior parte dei patogeni che possono essere presenti sulla sua superficie”, specifica.
Cosa dobbiamo fare per azzerare i rischi
Per contrastare gli effetti del cambiamento climatico ed evitare di consumare il cibo che scade prima del previsto, è necessario prendere qualche precauzione in più. Prima di tutto, bisogna fare in modo che ci sia maggiore sensibilizzazione sull’argomento. Non è raro, infatti, che la gente pensi che il freddo uccida tutti i patogeni, ma non è esattamente così. Basti pensare alla listeria, che è in grado di proliferare anche a basse temperature.
Per evitare nuovi disastri, è importante che ci sia una maggiore igiene e che i cibi vengano cotti e mangiati sul momento. È meglio cucinare di meno e più frequentemente, piuttosto che fare affidamento su avanzi che – soprattutto se non vengono conservati adeguatamente – possono rappresentare un pericolo per la salute. Le autorità competenti, insieme ai ricercatori impegnati in questo tipo di indagine, dovrebbero trovare nuovi modi per decontaminare i magazzini, i contenitori e gli alimenti che vengono colpiti da eventi climatici estremi come le inondazioni. È necessario che cambino anche i sistemi di lavorazione e distribuzione.