A decenni dalla sua morte, la figura della veggente bulgara Baba Vanga continua ad affascinare e a fare discutere il mondo intero. La donna è nota per aver predetto eventi storici come l’attentato dell’11 settembre e la Brexit. O almeno così credono i suoi sostenitori.
La mistica è tornata al centro dell’attenzione per un presunto avvertimento legato alla tecnologia moderna. Si tratta di una profezia legata alla dipendenza da smartphone. Un’allerta che sembra risuonare con forza, alla luce dei dati crescenti sul disagio psicologico legato all’abuso della tecnologia.
La profezia misteriosa di Baba Vanga
Tra le tante predizioni attribuite a Baba Vanga, una in particolare sta tornando a circolare sui social e nelle discussioni accademiche. Si tratterebbe di una profezia misteriosa lanciata negli anni ’90, quando la tecnologia mobile era ancora agli albori: “Arriverà il giorno in cui gli esseri umani guarderanno uno schermo più che gli occhi degli altri. E allora smetteranno di sentire davvero”. Un monito che suona molto famigliare, almeno stando a guardare la direzione presa dall’umanità in relazione alla tecnologia.
Vanga avrebbe descritto un’umanità trasformata in automi, sempre connessa e, al contempo, profondamente sola, in cui i sentimenti autentici sarebbero stati sostituiti da stimoli digitali e interazioni superficiali.
Questa presunta predizione ha contribuito a riaccendere il dibattito sulle conseguenze psicologiche e sociali dell’iperconnessione, spingendo esperti e opinione pubblica a interrogarsi sulla strada imboccata dalla società moderna. Non a caso oggi si parla di nomofobia, la paura irrazionale di rimanere senza lo smartphone.
La dipendenza dal cellulare
Nel 2025 i numeri lasciano poco spazio all’interpretazione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la media globale di utilizzo dello smartphone ha superato le 4 ore al giorno, con picchi che toccano anche le 7-8 ore nei più giovani. Una dipendenza che, secondo numerosi studi, è strettamente legata a disturbi del sonno, ansia, depressione e isolamento sociale.
La continua esposizione agli schermi e il bisogno compulsivo di controllare notifiche, like e messaggi stanno modificando il funzionamento del cervello, in particolare tra gli adolescenti. La ricompensa dopaminergica, cioè il meccanismo biologico del cervello che ci spinge a ripetere comportamenti che ci fanno sentire bene, vengono attivati da app e social media e stanno creando un circolo vizioso simile a quello delle dipendenze tradizionali, rendendo sempre più difficile disconnettersi.
Parallelamente le capacità di empatia, comunicazione profonda e gestione delle emozioni sembrano in declino, specialmente in quelle generazioni cresciute in un mondo digitale. Secondo gli esperti la comunicazione mediata dallo schermo non può sostituire l’interazione reale, che resta fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva.
Per questo si sta diffondendo in tutto il mondo la necessità di trovare un equilibrio nel rapporto con la tecnologia. Sono nate iniziative come i digital detox, periodi in cui ci si disconnette volontariamente per riconnettersi con se stessi e con gli altri. In rete, hashtag come #VangaHadWarnedUs o #DigitalDoom stanno guadagnando popolarità, con migliaia di utenti che condividono esperienze personali di disconnessione volontaria.
Che si creda o meno alla profezia di Baba Vanga, la sua presunta previsione sull’uso ossessivo degli smartphone sembra oggi più attuale che mai. In un mondo dove tutto è a portata di clic, forse il vero atto rivoluzionario sarebbe quello di rallentare, spegnere lo schermo e guardare negli occhi chi ci sta accanto.