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CURIOSITÀ 25 SETTEMBRE 2023

I frammenti extraterrestri che ci salveranno dall'Apocalisse

La capsula Osiris-Rex della NASA, dopo ben 7 anni di missione, è entrata nell’atmosfera terrestre a una velocità di oltre 15 volte quella di un proiettile di fucile, creando una spettacolare palla di fuoco nel cielo. Ma grazie a uno scudo termico e a paracadute, la discesa è stata rallentata, portando la capsula a un atterraggio dolce nel Deserto Occidentale dello Utah.

Il carico prezioso trasportato dalla capsula è una manciata di polvere prelevata dall’asteroide Bennu, una roccia spaziale grande come una montagna, destinata a rispondere a una delle domande più profonde dell’umanità: da dove veniamo? E potrebbe servirci per sventare i pericoli che arrivano dallo spazio e la stessa fine del mondo.

Perché l’asteroide Bennu potrebbe essere la chiave della vita

I 250 grammi di asteroide prelevati dalla sonda permetteranno agli scienziati di esaminare materiali esistiti prima de nostro pianeta e forse prima del nostro Sistema Solare. Permetteranno di ricostruire la storia della Terra, della sua formazione e soprattutto della nascita della vita.

Forniranno insomma elementi utili per rispondere alle domande più antiche del mondo, a iniziare dal perché si siano formati gli oceani, l’aria della nostra atmosfere e soprattutto le molecole organiche che hanno dato generato i primi esseri viventi.

Molte teorie suggeriscono che i primi “mattoncini” della vita siano arrivati sul pianeta attraverso asteroidi simili a Bennu, un gigantesco ammasso di materiali largo ben 500 metri che viaggia nello spazio. E che probabilmente contiene molta acqua, la stessa che ha permesso alle protocellule di evolversi nelle migliaia di specie che conosciamo oggi.

La sonda Osiris-Rex è stata lanciata nel 2016 e ha impiegato due anni per raggiungere il colossale asteroide Bennu. Ne ha impiegati altrettanti per una mappatura completa della superficie, prima che il team della missione potesse identificare con sicurezza una posizione sicura per prelevare un campione.

Il chitarrista Brian May dei Queen ha contribuito alla missione

Tra i nomi degli scienziati che hanno preso parte alla missione ce n’è uno noto agli appassionati di musica. Si tratta dell’astrofisico Brian May, leggendario chitarrista dei Queen. Esperto in stereo imaging, ha creato una mappa 3D del luogo del prelievo di materiale, permettendo alla sonda di avvicinarsi al suolo in maniera sicura.

Il 20 ottobre, quando la Osiris-Rex si è abbassata verso l’asteroide e ne ha colpito la superficie con il suo braccio di tre metri. Dopo il contatto, e l’iniezione di azoto per sollevare le polveri, si è creato un cratere di ben 8 metri di diametro. I materiali raccolti dalla sonda, dopo un viaggio di 7 miliardi di chilometri, sono finalmente arrivati sulla Terra.

Le polveri extraterrestri di Bennu ci salveranno dall’Apocalisse

Studiare Bennu significa anche prevenire – o almeno posticipare – uno scenario apocalittico che ha già causato almeno una estinzione di massa sulla Terra: l’impatto di un gigantesco asteroide. La NASA lo considera infatti la roccia più pericolosa del Sistema Solare.

La sua traiettoria ha la più alta possibilità di incrociare quella del nostro pianeta tra tutti gli altri corpi celesti conosciuti. Le probabilità sono comunque molto basse, e l’impatto non dovrebbe avvenire prima della fine del prossimo secolo.

Condurre le analisi sui campioni estratti da Bennu significa però essere in grado di realizzare delle bombe per deviarne la rotta e portare in salvo il mondo, disinnescando la terribile Apocalisse profetizzata dagli scienziati.

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