"Faust" di Leonardo Manzan e Rocco Placidi in prima nazionale
Se come è vero, come è stato scritto, che nel Faust di Goethe l’unica cosa che sembra davvero reale è la distruzione, seguendo questo spunto e tenendo presente l’avvio metateatrale del nostro Faust non ci resta che un teatro nel teatro, che però nel nostro caso sarà un teatro sul teatro. Il teatro postmoderno che è collassato sul vecchio teatro e lo ha distrutto. La scena è quindi un palco che ha schiacciato il “vero” palco e tutto quello che c’era sopra, attori compresi.Concretamente è una piattaforma rialzata, come un gigantesco tavolo (il tavolo di una conferenza), sulla cui superficie completamente spoglia si aprono passaggi e botole. C’è un sopra e un sotto, come il mondo e l’inferno, però al contrario. Gli attori si muovono al di sotto di questo palco, ma il sotto-palco non è visibile al pubblico, quindi di loro spuntano le teste e i busti. Non riescono a uscirne, ne sono intrappolati (un po’ come Winnie in Giorni felici). L’unico in grado di muoversi a suo agio sopra e sotto è Mefistofele: la seduzione è tornare a muoversi sulla superficie, abbandonare la fissità, la falsa profondità, riuscire a uscire dalle sabbie mobili del teatro postmoderno, recitare, ballare.