
Il primo trimestre 2025 si chiude con una doccia fredda per Tesla. E con una parziale marcia indietro di Elon Musk. Il patron della Casa automobilistica, tra le figure più vicine all’amministrazione Trump e deus ex machina del controverso Doge – il Dipartimento per l’Efficienza Governativa – annuncia un passo indietro dalle stanze del potere per tornare a concentrarsi sull’azienda madre. Un ritorno al passato, dettato da numeri che preoccupano investitori e analisti.
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I conti parlano chiaro: 409 milioni di dollari di utile netto, in calo del 71% rispetto allo stesso periodo del 2024, e un fatturato di 19,33 miliardi, con un -9% su base annua. La doppia delusione è evidente se confrontata con le aspettative: FactSet stimava 1,44 miliardi di utile e ricavi per oltre 21 miliardi. Previsioni polverizzate.
Il peso della politica
Nel report trimestrale, Tesla ha messo nero su bianco un’ammissione esplicita: la domanda potrebbe essere influenzata da “cambiamenti nella sensibilità politica”. Una formula diplomatica che nasconde una realtà più scomoda. Il legame sempre più stretto tra Musk e Donald Trump ha sollevato critiche, proteste e, in alcuni casi, vere e proprie ritorsioni. Negli ultimi mesi alcune concessionarie Tesla sono finite nel mirino di attacchi vandalici, definiti “terroristici” dalle autorità. Non è un caso se tra le righe si legge un principio di strategia difensiva: meno esposizione politica, più focus industriale.
Il Doge perde l’uomo-jet
Musk, durante la consueta call post-bilancio, ha dichiarato che “probabilmente dal prossimo mese” ridurrà in modo “significativo” il tempo dedicato al Doge, l’ente creato da Trump per combattere sprechi e inefficienze nell’apparato statale. Una struttura diventata rapidamente emblema dell’approccio trumpiano: tagli, licenziamenti, e un’impronta aziendalista che non ha mancato di sollevare polemiche.
Il Doge ha raccolto consensi e nemici, ma soprattutto ha fatto emergere un Musk sempre più inserito nei meccanismi governativi. Un ruolo che, a detta di molti analisti, sta danneggiando l’immagine di Tesla. In un mercato sempre più competitivo e politicamente sensibile, l’associazione con l’amministrazione Trump – considerata divisiva soprattutto tra i giovani e i clienti delle coste – rischia di essere un boomerang.
Trump, dal canto suo, continua a proteggere Musk: “Elon sta facendo un lavoro fantastico, tornerà alle sue aziende quando avrà finito qui”. Un endorsement pieno, che però sembra arrivare mentre l’alleato sta già allentando la presa. Con l’annuncio del passo indietro dal Doge, Musk sembra voler ridefinire le priorità. O, come suggeriscono alcuni osservatori, salvare il salvabile.
Le sfide all’orizzonte
Il mercato dell’auto elettrica non è più una corsa in solitaria. Tesla non è più sola, né la più veloce. La concorrenza cinese avanza a ritmi vertiginosi, i produttori europei stringono alleanze e rilanciano su qualità e prezzi. E il mercato statunitense inizia a dare segnali di stanchezza, tra incentivi ridotti, costi in aumento e un sentiment meno entusiasta verso l’auto elettrica come unica soluzione.
Tesla dovrà ora ritrovare smalto, innovazione e leadership. E Musk dovrà dimostrare che sa ancora leggere il mercato, oltre la politica. Il passo indietro da Washington, se confermato, potrebbe essere il primo vero atto di autocritica di un imprenditore che raramente fa marcia indietro.