I motori elettrici mandano in crisi un colosso dell’automotive

La transizione ecologica ha un prezzo e anche alto: i motori elettrici mandano in crisi un colosso dell'automotive, costretto a drastici tagli alla manodopera

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 6 Agosto 2024 10:16

Friedrichshafen, cuore dell’industria automobilistica tedesca, batte un ritmo più lento. ZF, storica azienda che ha equipaggiato milioni di auto in tutto il mondo, ha reso noto un drastico piano di ristrutturazione, ragion per cui entro il 2028 perderanno il posto tra gli 11.000 e i 14.000 addetti. Un terremoto scuote le fondamenta di una compagnia così chiamata in onore del suo padre fondatore, Ferdinand von Zeppelin, padre dei famosi dirigibili.

Un tempo ritenuta immarcescibile, la Germania sente la terra mancarle sotto i piedi. Nell’ambito dei motori ha costruito una buona parte delle sue fortune, ma da qualche tempo a questa parte sembra essersi inceppati dei meccanismi. Lo abbiamo constatato giusto pochi giorni fa, col fallimento di Recaro, rinomato produttore di sedili. E se allarghiamo le vedute, senza pensare solo a chi è andato in bancarotta, diversi operatori faticano.

Persino sua maestà Volkswagen pare aver perso un po’ del proprio smalto. In particolare, le vetture elettriche faticano a imporsi, lo stesso problema di Mercedes. Si discosta dal trend generale BMW, che ha avuto il merito di adottare la neutralità tecnologica. Invece di puntare sulle BEV a occhi chiusi, la Casa dell’Elica ha tenuto i piedi in più scarpe e sta avendo ragione.

Gravi debiti finanziari

Le cause della crisi di ZF sono molteplici. Un fardello pesante da sopportare è stata l’acquisizione della concorrenza, nello specifico di TRW e Wabco, dei colossi di settore. Per assorbirli sono stati contratti dei grossi debiti e le finanze piangono. Allo stesso tempo, la rapida transizione verso i motori elettrici e la guida autonoma richiede degli ingenti investimenti in sistemi all’avanguardia, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di intere divisioni. Le associazioni di categoria avevano avvisato circa i rischi della transizione e, purtroppo, i timori non erano infondati.

Stando a fonti tedesche, il taglio dei posti andrà a interessare soprattutto i ruoli amministrativi e i lavoratori esterni. In particolare, dovrebbero pagarne le conseguenze gli operatori del quartier generale di Friedrichshafen (3.000), Saarbrücken e Schweinfurt (1.500 posti per entrambe).

Uscite graduali per attutire il colpo

Nel mentre, verranno chiuse delle sedi secondarie in Germania e in Europa. I vertici di ZF intendono accompagnare alla porta i membri del personale mediante delle fluttuazioni naturali. Con programmi di prepensionamento e ulteriori misure accettabili dal punto di vista etico e sociale, l’organico verrà ridimensionato. Le uscite, assicurano i portavoce, avverranno in maniera graduale, affinché le parti colpite abbiano tempo e modo di adattarsi al cambiamento e, nel caso, valutare nuove prospettive di carriera.

“La nostra responsabilità aziendale è preparare ZF per il futuro e sviluppare ulteriormente le sedi in Germania in modo che siano competitive in modo sostenibile e solidamente posizionate”, ha sottolineato il CEO di ZF, Holger Klein. “Siamo consapevoli che anche noi dobbiamo prendere decisioni difficili ma necessarie. Per quanto possibile, la riduzione dovrebbe essere effettuata in modo socialmente accettabile, utilizzando la struttura demografica della forza lavoro e le fluttuazioni di ZF. Nonostante l’attuale situazione del mercato, è chiaro: l’elettromobilità è il futuro. Qui abbiamo versato anticipi e continueremo a investire molto in questo settore”.