Di male in peggio. Ha il sapore della beffa quanto accaduto a una povera ciclista, che non solo è stata investita da un’auto, ma le è pure toccato pagare di tasca propria una multa. Una cifra irrisoria, quantomeno, tuttavia rimane un classico esempio di cortocircuito legislativo. L’episodio risale a qualche anno fa, visto che correva il 2016, ma “ripassarlo” può servire da monito per evitare di commettere lo stesso identico errore.
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L’incidente a Pavia
In rete sono arrivate reazioni contrastanti, tra chi ha preso le parti della malcapitata di turno e chi, invece, ha definito giusto punirla, perché le normative vanno rispettate. A prescindere dall’opinione in merito, provare del dispiacere è il minimo. In fondo, non ha messo l’incolumità di nessuno a repentaglio, eccetto la sua. Ma andiamo a scoprire quali azioni ha commesso.
Saltiamo a bordo della nostra “macchina del tempo” e torniamo fino al 2016, al momento in cui, come detto poc’anzi, sono avvenuti i fatti in questione. Tutto è accaduto in Lombardia, in una delle città più rilevanti. L’incidente ha, infatti, avuto luogo a Pavia, dove una ciclista, mentre sedeva in sella alla propria bicicletta sulle strisce pedonali, è stata investita da un’auto. Sì, avete letto bene, nessuno slancio improvviso in un punto riservato alla circolazione delle vetture. In una precisa area adibita al transito delle persone è avvenuto il fattaccio.
La donna è stata trasportata in ospedale con una contusione toracica e contusioni agli arti inferiori. A giudicare dalle modalità del sinistro, i testimoni oculari della scena temevano peggio, rassicurati dai medici, che hanno escluso l’insorgere delle complicazione. Certo, prima di recuperare la piena mobilità sarebbe servito pazientare un po’ e ciò costituisce di suo un motivo di disturbo. Oltre al danno, però, è arrivata anche la beffa. Il suo comportamento è infatti stato punito dalle norme del Codice della Strada e i Vigili l’hanno multata di 30 euro. Chissà cosa le sarà passato per la mente nel ricevere l’infelice notizia dalle autorità: supponiamo qualcosa di poco carino!
Cosa dice il Codice della Strada
Eppure, in base al testo normativo vi sono gli estremi. Secondo il Codice della Strada avrebbe dovuto scendere dalla sella e attraversarla sulle strisce, camminando e tenendo la bicicletta per mano. La donna in particolare ha violato gli articoli 41 e 182 del CdS, che regolano il transito lungo le strisce pedonali dei ciclista. Sulla questione si è espressa ASAPS (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale). Il testo diffuso dall’organizzazione ha il merito di usare un linguaggio semplice, affinché chiunque, anche i non esperti in materia, riescano a cogliere il messaggio. D’ora in avanti potranno adottare, con consapevolezza, ogni precauzione necessaria a tutelare la rispettiva incolumità.
“Nel caso in cui la lanterna semaforica per i velocipedi risulti spenta o presenti indicazioni anomale – si legge nella nota –, il ciclista ha l’obbligo di usare particolare prudenza anche in relazione alla possibilità che verso altre direzioni siano accese luci che consentano il passaggio ai veicoli che interferiscono con la sua traiettoria di attraversamento.
Si precisa che durante il periodo di accensione delle luci verde, gialla o rossa a forma di bicicletta, i ciclisti devono tenere lo stesso comportamento dei veicoli nel caso di lanterne semaforiche veicolare normali (cioè quelle degli auto-motoveicoli). In assenza di semafori per i velocipedi, i ciclisti sulle intersezioni semaforizzate devono assumere il comportamento dei pedoni”.
Assumere il comportamento dei pedoni vuol dire non passare in sella alla bicicletta quando scatta il verde per i pedoni né scendere e passare a piedi sulle zebrature con la bicicletta a mano. Si può passare in sella alla bici, e viceversa, se nell’impianto semaforico è prevista pure la luce verde per i ciclisti.