Fiat, una grande storia italiana: dalla nascita ai giorni nostri

Nata nel 1899, Fiat ha vissuto tanti alti e qualche basso, ma nemmeno nei periodi di maggiore difficoltà ha perso il suo smalto, simbolo di resilienza italiana

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Manuel Magarini

Giornalista automotive

Classe 90, ha una laurea in Economia Aziendale, ma un unico amore: la scrittura. Da oltre dieci anni si occupa di motori, in ogni loro sfaccettatura.

Pubblicato: 17 Ottobre 2024 17:47

Fabbrica Italiana Automobili Torino. Per tutti, Fiat. Non un semplice nome associato alle automobili, ma un simbolo del movimento industriale e culturale della nostra penisola. Fondata alla fine del XIX secolo presso il capoluogo piemontese, ha attraversato oltre un secondo di trasformazioni. Tra crisi e successi, è diventata una pietra miliare nello sviluppo dello Stivale.

La sua storia è profondamente intrecciata con quella dello stesso Paese, avendo contribuito all’urbanizzazione, alla crescita della classe media e al boom economico. Simbolo di innovazione e progresso, non è stata, comunque, esente da momenti di impasse, naturali vista la lunga attività. Dove, però, delle rivali sono crollate, lei ne è uscita sempre più forte.

La nascita di un gigante

L’avventura di Fiat inizia l’11 luglio del 1899, quando un gruppo di investitori torinesi decise di aprire i battenti in Italia. Allora la prima macchina con il motore a scoppio rimaneva una fresca invenzione; perciò, il concetto stesso della mobilità era ancora ritenuto rivoluzionario. Il primo stabilimento sorse a Corso Dante, a Torino, e la capostipite della gamma, la 3 ½ HP, arrivò l’anno seguente. Benché i modelli dell’epoca fossero lontani parenti dei veicoli moderne, rappresentavano ugualmente in maniera eccellente l’ingegno e la meccanica connaturate nella squadra. Nel giro di pochi anni, gli standard qualitativi permisero alla compagnia di ottenere una propria riconoscibilità.

Se possiamo citare appena un nome legato in modo inscindibile al percorso compiuto dall’azienda, questi è, senza ombra di dubbio, Giovanni Agnelli. Tra i co-fondatori, le ambizioni e le brillanti idee dell’Avvocato trasformarono l’impresa in un colosso. Fin dal principio comprese la necessità di allargare i confini, oltre i confini italiani. Pertanto, intraprese una lunga tradizione di export, che valse l’affermazione su scala globale.

In Agnelli convivano due anime. Da un lato, l’uomo d’affari, razionale nelle scelte e votato a un unico, grande obiettivo: guidare la sua creatura ai vertici. Dall’altro lato, era uno spirito audace e visionario. Anziché limitarsi a constatare la mera funzionalità delle vetture, ne riconobbe il potenziale impatto tecnico. Sotto le direttive del “timoniere”, i risultati giunsero ben presto.

Il periodo bellico e la rinascita

Con lo scoppio della Prima guerra globale, Fiat si convertì in un rilevante fornitore di mezzi militari e motori aeronautici destinati all’esercito italiano. Al cessate il fuoco, beneficiò delle politiche di Mussolini, espandendo la rispettiva influenza. E il complesso di Mirafiori, inaugurato nel 1939, divenne uno dei principali del Vecchio Continente fu il manifesto ideale delle velleità.

Il dopoguerra decretò una svolta epocale per Fiat e l’Italia. In piena ricostruzione, l’azienda fu favorita dal miracolo economico nazionale, un periodo di crescita mai avvenuto prima che trasformò la penisola da una realtà agricola a una delle più avanzate al mondo. I modelli fabbricati, soprattutto la 500, divennero simboli della nuova era di benessere e mobilità democratica.

Lanciata nel 1957, la Cinquina segnò l’immaginario collettivo. Progettata al fine di renderla accessibile, le dimensioni compatte consentivano di circolare agevolmente tra le vie urbane. Caratterizzata da un look iconico, la “piccola di famiglia” fu accolta in termini entusiastici. Ad affiancarla, altre due “pezzi da 90”, la 600 e la 1100, gettando le basi di un futuro radioso. Nel 1969 Fiat acquisì Lancia, cercando di conservarne l’identità come un marchio di lusso e di alta qualità, e, in aggiunta, rilevò una quota di Ferrari.

Nel biennio successivo continuò ad innovare e ampliare gli orizzonti. Ma gli alti vennero alternati pure da alcuni bassi. Nella fattispecie, gli eventi sociopolitici degli anni Settanta, dalla crisi energetica alle tensioni sindacali, destarono parecchi grattacapi. Eppure, rimase in piedi, trascinata da valide intuizioni, in primis la 127 (1971) e la 131 (1974). Si trattava rispettivamente di un’utilitaria popolare in virtù delle forme contenute, dei bassi consumi e della praticità, e di una berlina media, vincente negli sport.

La 131 Abarth fece mangiare spesso la polvere alle antagoniste nel campionato WRC, in cui conquistò tre titoli iridati costruttori, di cui l’ultimo, nel 1980, accompagnato dall’alloro piloti. A suon di primi posti e piazzamenti, l’alfiere tedesco Walter Röhrl chiuse sul massimo gradino del podio. La combinazione tra la potenza della quattro ruote e l’abilità di Röhrl diede il là a una stagione memorabile, coronata in bellezza.

Il 1980 fu davvero un anno ispirato, tenendo peraltro conto che nacque la Fiat Panda, un fenomeno commerciale intramontabile, disegnata da uno dei più grandi artisti di ogni tempo, Giorgetto Giugiaro. Del decennio fu altrettanto da segnalare l’aggiunta di Alfa Romeo al portafoglio, acquistata dall’IRI nel 1986 date le difficoltà economiche vissute dal Biscione.

Dagli anni Novanta a oggi

Gli anni Novanta furono un periodo di significativi cambiamenti in Fiat. Mentre la globalizzazione prendeva piede, cominciò ad accusare la pressione della concorrenza. Proiettata a rinnovarsi, lanciò proposte inedite, tra cui la Punto, nel 1993. Successore della Uno, si rivelò subito uno dei pilastri dell’offensiva commerciale, soprattutto per il design contemporaneo e pragmatico.

Due anni più tardi fu l’ora di accogliere una coppia di assoluto rispetto, la Bravo e la Brava. La doppia denominazione serviva a distinguere due varianti del medesimo veicolo, con un colpo d’occhio e un target di clientela specifici, pur condividendo gran parte della meccanica. La Bravo, a tre porte, trasmetteva una sensazione di dinamismo, audacia e performance, affine ai gusti e alle esigenze di un pubblico giovane e sportivo. La Brava, invece, era una berlina a cinque porte, indirizzata alle famiglie, connotata da linee sobrie e discrete. A livello di strategie societarie, Fiat rilevò Maserati e rafforzò il legame con Ferrari.

Gravi problemi finanziari, calo di vendite e complicazioni nella gestione interna: i primi anni Duemila non si aprirono sotto i migliori auspici. Poi partì l’era Marchionne e Fiat uscì dalle sabbie mobili. Aiutò il lancio della nuova Fiat 500, un tributo all’icona del dopoguerra: la cura riposta nel design e nella qualità diede linfa vitale alle casse del marchio. Il grosso passo fu l’acquisizione di una quota di minoranza dell’americana Chrysler, precedentemente fallita, seguita dalla fondazione di FCA nel 2014.

Negli ultimi anni, Fiat ha continuato a evolversi. Così facendo, ha tentato di cavalcare gli emergenti trend dell’elettrificazione e della guida autonoma. Infine, dalla fusione tra FCA e PSA, nel 2021 è confluita in Stellantis, oggi uno dei principali conglomerati automobilistici nel panorama mondiale.